La passione della mia vita sarà la mia condanna
Amo viaggiare! L’ho
sempre amato. Adoro visitare posti di culto, ma soprattutto luoghi inesplorati,
luoghi in cui nessuno si è osato addentrare per paura di leggende e miti,
luoghi pericolosi e impossibili da raggiungere. Ho rischiato la vita tante
volte per il mio sogno/lavoro – sono un archeologo -, ad esempio, durante uno
scavo in America Centrale sotto un tempio Inca, stavo per essere sotterrato a
causa di un crollo delle pareti, e, durante uno scavo in Iraq, io e mia moglie
Pansy siamo stati sequestrati da dei terroristi. Quei mesi di prigionia sono
stati terribili: Pansy piangeva tutte le notti ed io cercavo di consolarla
dicendole che ci sarebbero venuti a prendere, anche se non ci credevo molto.
Fortunatamente, dopo due mesi, siamo stati rilasciati. Non ci volevo credere.
Ogni tanto penso ancora a quei mesi d’inferno che abbiamo passato, ma subito
dopo penso alla bellissima vita che ho adesso e scaccio via il brutto pensiero.
Quattro anni fa, a me e a Pansy – anche
lei archeologa – è stata assegnata la ricerca di un canale di sfogo di una
grotta in Brasile. Siamo partiti il 13 gennaio. In questo periodo, a gennaio,
qui a Londra e nell’emisfero boreale è inverno, ma da loro è estate. Noi, essendo
nel Manaus (regione della foresta pluviale brasiliana), sapevamo che avrebbe
piovuto e anche tanto, ma mai avrei potuto immaginare la disgrazia che ci
arrivò: io e Pansy, a causa della pioggia, siamo rimasti bloccati nella grotta
e l’unico modo per uscire era trovare il canale di sfogo. E ci eravamo
riusciti, ma a causa di una sua distrazione, Pansy è caduta da una parete in
cui ci stavamo arrampicando. E’ morta sul colpo. Ho sofferto tantissimo la sua
perdita e ancora adesso ne risento molto.
Quando
ho raggiunto il mare e sono uscito, in un certo senso, da quell’incubo, ero
distrutto. Non mangiavo più, non dormivo più, prendevo medicine anti-depressive
e, cosa peggiore, volevo morire.
Un
giorno, a esattamente sette mesi dalla morte della mia bellissima moglie, mi è
arrivata una lettera scritta da un certo Blaise Zabini che mi invitava nel suo
castello a passare alcuni mesi per cercare un tesoro. A quanto mi disse, il
catello è chiamato Alamut e i trova nella regione del Parhan.
Mi
sono detto che questa era un’occasione da non perdere e che se volevo uscire
dalla mia depressione, un viaggio in uno dei posti meno conosciuti al mondo
sarebbe stata una cosa positiva, quindi ho risposto al mio “amico” e gli ho
detto che sarei partito la settimana dopo, infatti il 19 agosto ho preso il mio
zaino ed il bagaglio e sono partito. Ho deciso di arrivare nel Parhan in aereo,
ma di raggiungere il castello a piedi
così da poter visitare la zona. Prima di partire, mi sono informato sul
posto ed ho scoperto che nessun viaggiatore è mai ritornato dal castello o
dalla zona circostante ad esso. Quest’informazione ha suscitato in me una certa
curiosità e più voglia di visitare quel posto dimenticato da Dio.
Quasi
tutto nel Parhan è composto da sterminate e puzzolenti paludi e da folte e
ombrose foreste tutte e due abitate da enormi e schifosi insetti e animali mai
visti con magari tre gambe e un occhio, ma la cosa che mi ha sorpreso di più è
stata la vista di animali che bevevano, non mangiavano, il sangue di altri
animali.
Per
raggiungere il castello ci ho impiegato due giorni e due notti e mai mi sarei
aspettato di vedere un monumento tanto grande quanto magnifico. Quella
magnificenza risaliva al tempo delle crociate circa, l’ho riconosciuto dallo
stile e dalla presenza di finestroni di vari colori, simili a quelli di una
chiesa, tutti riportanti scene essenziali delle crociate.
Alamut è stupendo sia dentro che fuori, ha
tantissime stanza, una sala da ballo, una biblioteca, che è più grande di casa
mia, e un cortile magnifico.
All’inizio le cose andavano bene, conducevo
gli scavi per la ricerca di un tesoro, mi rilassavo e cercavo di scacciare i
brutti pensieri, poi ho cominciato a notare la sparizione continua di molti
miei scavatori e lo strano comportamento del signor Zabini che all’inizio era
gentile ed affabile, ma poi non lo fu più.
Una sera, mentre leggevo un libro visto che
non riuscivo a dormire, ho sentito gridare e, preoccupato, sono andato a vedere
cosa succedeva. Le urla provenivano da una stanza che credevo vuota ma in
realtà abitata da tre bellissime donne di cui non sapevo nemmeno l’esistenza.
Entro subito nella stanza per aiutare una quarta donna, ancora più bella delle
altre tre, ma la scena che ho visto mi fece raggelare il sangue: le tre donne
stavano bevendo, anzi succhiando, il sangue della quarta donna. Nel vedermi, le
tre vampire hanno mollato la donna e mi
sono saltate addosso…
Fortunatamente,
o forse no, è arrivato il signor Zabini che mi ha salvato dalle grinfie delle
tre dannate e mi ha riportato nella mia stanza. Dopo avermi chiesto di non
rivelare quello che avevo visto a nessuno, il signor Zabini, il padre/creatore
di quelle dannate, esce dalla mia stanza. Io, per niente convinto di quello che
mi aveva detto, visto che aveva lasciato intendere che se avessi fatto un passo
falso, avrebbe bevuto il mio sangue lasciandone solo un poco così da poter
morire soffrendo, ho deciso di prendere tutta l’acqua santa che avevo – me ne
porto dietro almeno tre boccette, dalla morte di Pansy, così da sentirmi più
vicino a Dio e, quindi, a lei -, buttarla sopra i corpi dormienti dei vampiri,
salvare la ragazza e bruciare il castello…
E
così ho fatto: Blaise Zabini, il dannato, e le sue tre figlie sono morti grazie
sai all’acqua santa, che corrode, sia al fuoco, che ne ha bruciato i resti.
Ora che sono passati quasi quattro anni
dall’accaduto, sono sposato con la bellissima donna che ho salvato, Hermione, e
abbiamo due stupendi bambini: Scorpius e Cassiopea.
Io sono Draco e questa che avete appena
finito di leggere è una parte della mia storia.